Dispersi per due giorni

Il mozzo (murè) Lino Bacchini (‘Ciandrech’), il nome vero è Carlo, 79 anni, ci racconta una brutta avventura in mare avvenuta al largo di Ravenna nel dicembre del 1931. Aveva appena 10 anni. La ‘Natalina’ incontra un uragano spaventoso … dati per dispersi rimarigono in mare aperto per due giorni e due notti. Sul trabaccolo da trasporto ‘Natalina’erano in sei. Oltre a ‘Ciandrech’, il comandante Armando De Nicolò (‘Muzon’), Mario Boga (‘Camison ), Giovanni Marchetti (‘Marchet’), Mario Prioli (‘Bogule) e ‘Gigin d’Mantin’. Pubblichiamo questo racconto così come Lino Bacchini lo ha scritto in un suo diario. Le sgrammaticature sono compensate dalla ricchezza e dal colore del linguaggio marinaresco. Tra parentesi le note di redazione. “Ravenna, dicembre 1931. Siamo due barche da traffico, una di Rimini, una di Cattolica detta ‘Natalina’, quella di Rimini detta ‘Reoplano’ (Aeroplano). Tutte due le barche abbiamo caricato a Ravennala terra rossa, per la ferriera di Trieste. Tutte due le barche siamo andati a Portocorsini. Quella di Rimini ha fermato, poichè c’era un temporale in giro. Invece noi siamo andati in mare, sempre con il vento da ostro-scirocco (da mezzogiorno a scirocco). Abbiamo levato a pulacchina (fiocco) e abbiamo fatto tutte due i consieri, (rimpicciolito le vele), sempre alla buona (a mezza barca) via fracando (alla dritta). La tramontana si scuriva sempre più nera, però avevamo fatto circa un quaranta miglia. Dopo un’ora è arrivato un uragano di tramontana, e vedendo che la buona ci allargavamo dal fanale di Salvore (il faro tra Umago e Pirano), abbiamo mandato dar dos (girato dall’altra parte). Nel girare dar dos ci sono volate via tutte due le vele. Non avendo più le vele la barca è andata indietro con un colpo di mare brutto. Si è sfasciato il copano (battello di salvataggio) in coperta e con quel colpo di mare ci ha rotto le bozze della somma dell’acqua (i fusti dell’acqua) e ci ha portato via il tambuccio (chiusura del boccaporto). In stiva avevamo un metro d’acqua e si è spezzato il timone in due. Abbiamo buttato le ancore quando hanno fatto testa (presa sul fondo) la barca è andata sotto il mare e ci ha portato via i fanali di via (fanali laterali, verde e rosso, per i segnali tra barche). Inancorati siamo stati due giorni e due notti. Ci avevano dati per dispersi. Dopo ha calmato il mare, l’Reoplano’ la barca di Rimini, era nella nostra rotta. Ci siamo messi a tirare su le catene delle ancore. Quando è venuta la barca in soccorso ha detto che è venuta per quel bambino che era il mozzo di bordo che si chiama Lino. Gli abbiamo dato la corda e ci ha rimorchiato fino a Trieste. Io e mio zio Armando siamo andati a Pirano perchè sapevamo che due barche avevano messo il timone di ferro. L’abbiamo trovato e dalla compassione che facevamo ce l’hanno regalato. L’abbiamo messo su e ci andava bene, e da Cattolica ci sono arrivate le vele. Siamo andati a Porto-Franco (zona portofranco, del porto di Trieste) a caricare datteri, fichi secchi, carabula per Venezia e lì ci siamo stancati di mangiare.Il mozzo Lino Bacchini ha finito il suo racconto”.

di Alberto Prioli

 

Tratto da “La Piazza di Rimini” – Giornale di Cattolica
(Foto – Archivio fotografico Centro Culturale Polivalente di Cattolica)

 

Sahifa Theme License is not validated, Go to the theme options page to validate the license, You need a single license for each domain name.